La “nascita” di Dardust, al secolo Diego Faini, arriva dopo i trascorsi da compositore e collaboratore di altri artisti come Diego Mancino, Francesco Renga e Luca Carboni ed un altro album dal titolo “7” (uscito nel 2015, registrato a Berlino e primo capitolo di una trilogia che comprende anche l’ultimo lavoro), che presentava arie più aperte e movimenti più classici rispetto a “Birth”.
Sin dalla traccia d’apertura, nonché singolo scelto per lanciare il disco, “The Wolf” si capisce che le cose sono notevolmente diverse rispetto al disco precedente: ci si trova davanti sempre ad un pianoforte e a composizioni molto ben studiate ma stavolta al posto di un trio d’archi è l’elettronica a farla da padrone, insieme a loop e campionamenti come quello dell’IMP di DooM in “Bardaginn (The Battle)” (che ha anche un richiamo lontano ai pezzi strumentali dei “Finntroll”) e tracce come la già citata “The Wolf”, “The Never Ending Road” “Birth” e “Don’t Skip (Beautiful things always happen in the end)” mostrano la nuova anima del progetto, anche se in “Slow is the new Loud” passato e presente si mescolano per un pezzo malinconico che apre a quel “Loud” che probabilmente si troverà nel prossimo disco di Dardust (e di cui ci da un assaggio in “Gran Finale”).
L’Islanda ha dato una grande ispirazione a Diego Faini per la composizione e la registrazione di “Birth” (che hanno avuto luogo ai Funkhausstudios, a Reykjavik, gli stessi dove registrano i Sigur Rós): ora vedremo cosa potrà dare Londra a questo progetto per la sua parte Loud.